Il tema della salute mentale nei luoghi di lavoro si colloca oggi tra le priorità del legislatore, chiamato a fornire strumenti concreti per contrastare fenomeni diffusi come burnout, ansia e stress da lavoro.
Cos’è il Burnout?
È un termine che indica l’esaurimento, la mancanza di energie e la depressione derivanti da un elevato e prolungato stress sul lavoro.
La definizione dell’OMS lo inserisce come fenomeno legato al contesto lavorativo, caratterizzato da tre dimensioni principali: esaurimento energetico, cinismo e ridotta efficacia professionale che possono portare a infortunio o malattia se non gestiti prontamente.
I dati più recenti mostrano che circa un terzo dei lavoratori italiani sperimenta condizioni di burnout e distacco emotivo dal lavoro, con incidenze maggiori tra i giovani.
Le denunce di malattie professionali legate allo stress sono cresciute in maniera esponenziale, generando costi enormi in termini di produttività, turnover e assenteismo.
COSTI DEGLI INFORTUNI
Recenti studi hanno dimostrato che il costo totale degli infortuni sul lavoro in Italia ammonta al 6% del PIL, per un totale di 104 miliardi di euro.
I costi diretti di un infortunio sul lavoro includono spese mediche e di riabilitazione, indennità per l’infortunato (sia a carico dell’azienda che dell’INAIL), danni a macchinari o attrezzature, sanzioni legali e multe, e costi amministrativi.
Questi costi sono facilmente quantificabili in termini monetari e sono direttamente collegati all’incidente.
Sono cifre enormi, le leggi intente a contrastare questo fenomeno non mancano, come la legge sulla Sicurezza sul Lavoro (D.Lgs. n. 81/2008) o nuove, come la Proposta di legge presentata il 14 marzo scorso alla Camera dei deputati con l’intenzione di ottimizzare la tutela della salute mentale e del benessere psicosociale nei luoghi di lavoro.
LE VERE CAUSE
Gli incidenti sul lavoro accadono e fanno parte della vita, ma vi siete mai chiesti quali sono le vere cause?
Certo, cose come pavimenti scivolosi, macchinari pesanti e lesioni da sollevamento giocano un ruolo importante, ma il vero colpevole è spesso l’errore umano.
Che ci crediate o no, gli studi dimostrano che l ’80-90% di tutti gli infortuni sul lavoro sono dovuti a errori umani.
In che modo queste cause possono essere attribuite ai fattori umani?
Quando si esaminano le cause degli incidenti sul lavoro, spesso ci si concentra sul motivo immediato: il “come” è accaduto.
Ma la vera domanda che dovremmo porci è “perché” è successo. Prendiamo ad esempio scivolate, inciampi e cadute. La causa più ovvia potrebbe essere un pavimento bagnato, ma nella maggior parte dei casi il vero motivo è da ricercare in fattori umani come la fretta, la distrazione, la frustrazione o la stanchezza.
Quando una persona ha fretta, potrebbe non notare un segnale di pavimento bagnato.
Se è frustrato, le sue capacità percettive si riducono e potrebbe non prestare la massima attenzione all’ambiente circostante.
Lo stesso vale per altri comuni infortuni sul lavoro.
Per esempio il sovraffaticamento, esso non riguarda solo il sollevamento di un oggetto pesante, ma spesso è dovuto al fatto che ci si sforza troppo nonostante la stanchezza.
Gli incidenti automobilistici non avvengono solo a causa di guasti meccanici, ma soprattutto a causa della distrazione dei conducenti.
Quando succedono incidenti mortali sul lavoro, le organizzazioni sindacali si attivano e promuovono scioperi per sensibilizzare le aziende e le istituzioni, ma se non si va alla vera causa nulla potrà cambiare sensibilmente.
COSA SI PUO’ FARE A RIGUARDO?
La comprensione dei fattori umani sta alla base di questi incidenti ed è fondamentale prevenirli prima che accadano.
In un interessantissimo libro scritto dal filosofo educatore
L. Ron Hubbard, dal titolo “I problemi del lavoro”, egli propone procedimenti efficaci per riabilitare lo stato di affaticamento mentale e far recuperare ad un lavoratore vigore ed entusiasmo.
Egli scrive nel capitolo “Esaurimento”.
“L’esaurimento cronico, quindi, non è il risultato di uno strenuo e prolungato impegno.
È la conseguenza dell’accumulo di impatti e lesioni occorsi nella vita, episodi che magari non sono durati che pochi secondi o poche ore, in tutto, forse, solo cinquanta o settantacinque ore.
Questo accumularsi di lesioni, momenti di repulsione e impatti culmina infine nella totale incapacità di fare alcunché.”
Tutto ciò porta all’introversione.
Sottolinea inoltre: “Potremmo dire che esistono “personalità introverse” e “personalità estroverse”. Una personalità estroversa è in grado di guardare l’ambiente circostante. Una personalità introversa non è in grado di guardare che dentro di sé”.
Le leggi cercano di aumentare il controllo, di impedire il succedersi di infortuni con ulteriori norme restrittive, ma tutto ciò non porterà mai ad un vero cambiamento nei luoghi di lavoro.
Il lavoratore è il perno centrale di ogni economia ed è l’unico che può prendersi responsabilità di sé stesso.
Con questa conoscenza fornita da Mr Hubbard nel suo libro, si potrebbero cambiare le condizioni di ogni lavoratore, ridurre i pericoli di infortunio, migliorare la sua vitalità, dare alle aziende lavoratori efficienti e ridurne i costi.
Per non dimenticate i costi che incidono così fortemente sulle nostre istituzioni.
Basta poco, perché non prendere seriamente soluzioni straordinariamente così efficaci?
Pensiamoci.
Luciano Giacomello
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